Le elezioni primarie in seno al partito laburista israeliano, che si sono tenute giovedì 10 novembre, hanno segnato una clamorosa sorpresa: Shimon Peres, storico leader della formazione socialista, è stato sconfitto da Amir Peretz, numero uno della potente organizzazione sindacale d'Israele, Histadrut. L'esito della votazione potrebbe sortire un impatto profondo sia per ciò che concerne la politica israeliana sia per gli effetti che potrà produrre nel contesto geopolitico del Medio Oriente. Amir Peretz, che ha annunciato l'intenzione di uscire dalla coalizione di governo guidata da Ariel Sharon, potrebbe imprimere una svolta per due ragioni: la sua origine e la sua intenzione di arrivare presto a una pace definitiva coi palestinesi. Amir Peretz è un ebreo sefardita, essendo nato in Marocco nel 1952. Per ribadire la centralità di tale elemento, appena dopo la sua elezione alla massima carica del partito laburista, ha esplicitamente affermato che "è giunto il momento di seppellire il demone etnico in Israele". Per comprendere l'affermazione di Peretz è opportuno ricordare che gli ebrei si suddividono in due grandi gruppi: sefarditi e aschenaziti.
I primi, il cui nome deriva da "Sefarad" che in ebraico antico significava Spagna, sono i discendenti delle comunità israelitiche che trovarono rifugio nei territori sotto il controllo dell'Impero Ottomano (Nord Africa e Medio Oriente), dopo essere fuggite dalla penisola iberica alla fine del secolo Quindicesimo in seguito alla "Reconquista" cristiana. Accanto ad essi vi sono gli ebrei "aschenaziti", da "Aschenaz" che significa Germania, ovvero gli israeliti originari di Germania, Russia, Polonia e degli altri paesi dell'Europa centrale e orientale. Fin da quando nacque lo Stato di Israele affiorarono tensioni fra i due gruppi, giacché gli aschenaziti, più forniti di mezzi economici e forti di una preparazione culturale più avanzata, monopolizzarono il potere politico, burocratico ed economico. I sefarditi, relegati al rango di ceti bassi del paese e assegnati ai mestieri più umili, maturarono una forte ostilità nei confronti dei laburisti, partito egemone d'Israele e responsabile della loro pessima condizione sociale. Un'eloquente spiegazione di queste disparità era stata espressa, già molti anni fa, nell'articolo "Eastern and Western Jews: ethnic divisions in Israeli society" di Lee Dutter (pubblicato in "The Middle East Journal", Autumn 1977).
Dal punto di vista della politica estera, i sefarditi si distinguevano per il forte risentimento nei confronti degli arabi, che hanno espulso le loro famiglie nel 1948 in seguito al primo conflitto arabo-israeliano. Come sempre avviene a chi si sente vittima di un torto (è successo anche ai palestinesi), essi svilupparono una ideologia di stampo nazionalista. E' d'uso affermare che la destra oltranzista d'Israele, intesa come Likud e partiti nazionalisti religiosi, ha il principale bacino di voti fra i sefarditi. A conferma di ciò, i sostenitori di tale equazione ricordano che Ygal Amir, il giovane studente che uccise Rabin nel novembre 1995, è un ebreo sefardita discende da una famiglia originaria dello Yemen, oltre che un militante della destra oltranzista ultra-ortodossa. Amir Peretz si presenta come un sefardita "anomalo", giacché infrange un doppio tabù. Essendo nato in Marocco, egli è il primo ebreo sefardita che assume la leadership del partito laburista, fino ad ora considerato di esclusivo dominio degli aschenaziti. In secondo luogo, Peretz ha posto in cima alle sue priorità l'esigenza di raggiungere al più presto una pace definitiva coi palestinesi.
L'ascesa di uno di loro al vertice della formazione socialista potrebbe indurre i sefarditi a mutare atteggiamento. I dirigenti del partito laburista, non solo il neo-leader Peretz, sanno che solo attirando il consenso dei sefarditi si può sperare di battere Ariel Sharon. Se ne ebbe un chiaro esempio con le elezioni politiche del 1999 quando Ehud Barak, allora candidato laburista, vinse perché seppe convincere alcune frange sefardite, sottraendo consensi al suo avversario Benjamin Nethanyahu, esponente della destra nazionalista. E' presumibile che Peretz imposti la sua campagna elettorale sostenendo che le due priorità del suo programma, maggiore giustizia sociale e pace con i palestinesi, sono strettamente collegate. Il neo leader laburista potrebbe spiegare che il disimpegno dai territori occupati liberebbe molte risorse da utilizzare per un programma di riforme in campo economico e sociale. A fronte di tali motivazioni i sefarditi potrebbero sacrificare l'ideologia nazionalista in cambio di benefici economici e sociali.
Non è possibile sapere oggi se Peretz possa o meno sperare di battere Sharon. La politica israeliana è in continuo fermento e lo stesso premier non sa ancora se correrà per il Likud o se fonderà un nuovo raggruppamento. In ogni caso, l'ascesa di Amir Peretz ha riaperto i giochi. Adesso tutti i principali attori della politica israeliana dovranno fare i conti col sefardita "anomalo" che guida i laburisti.
Puoi proseguire con i seguenti articoli:
Israele, una rischiosa prova di democrazia
E' solo calma apparente tra Israele e Anp
![]() di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera ed. Polistampa, 2007 |
![]() di Rudy Caparrini prefazione di Franco Cardini ed. Masso delle Fate, 2006 |