La questione ancora irrisolta del sequestro dei nostri concittadini in Yemen, avvenuto il 1° gennaio di quest’anno, ha portato i media italiani a rivolgere la loro attenzione al Paese che fu la patria della regina di Saba. L’opinione pubblica nostrana ha così potuto conoscere la delicata situazione che vive oggi di questa nazione, alle prese con tante questioni irrisolte ereditate dalla storia.
Dei problemi attuali dello Yemen, abbiamo già scritto nel pezzo pubblicato su “Pagine di Difesa” il 9 agosto, dal titolo “Yemen cruciale per le sorti del Medio Oriente”. Una delle più grosse lacune di questo affascianante paese, situato all’estremità sud-occidentale della penisola arabica, concerne l’incapacità del governo centrale di Sana’a di controllare l’intero territorio. A causa della sua morfologia particolare, con tante montagne che rendono certe aree inaccessibili, il potere centrale non è mai riuscito a imporre totalmente la sua autorità ai capi delle tribù, che per i loro appartenenenti sono i veri punti di riferimento, ben più importanti del governo di Sana’a.
Il mancato controllo del territorio ha facilitato il successo della pratica dei sequestri, che è un’altra piaga storicamente radicata in Yemen. Come spiega bene Paul Dresch nel suo “A history of Modern Yemen”, già negli anni 30 si contarono almeno 4.000 sequestri. In quella particolare epoca storica, con il regno di Yemen (al nord) che era appena sorto e stava cercando di consolidarsi, il rapimento era un mezzo di lotta politica, utilizzato dalle varie tribù per esercitare il ricatto nei confronti del governo centrale.
Anche nella presente situazione, i sequestri di cittadini stranieri sono atti compiuti per indebolire il governo di Sana’a. Dal 1991 e il 2001 oltre 200 stranieri sono stati rapiti. I rapimenti non sono da intedersi come azioni miranti a colpire lo Stato di appartenenza delle vittime. Sequestrando degli italiani, le bande criminali vogliono mettere in cattiva luce il governo di Sana’a agli occhi del mondo. Loro malgrado, i nostri concittadini si sono trovati ad essere uno strumento nella lotta che le tribù ribelli combattono da anni contro il governo centrale.
I destini di Italia e Yemen si incrociarono agli inizi del secolo Ventesimo. Al termine della prima guerra mondiale era sorto un regno sovrano (o imamato) nel nord dello Yemen, sotto il dominio dell’imam Yehia. Questa nuova entità, che stabilì la sua capitale a Sana’a, entrò presto in contrasto con la Gran Bretagna, che controllava la regione nel sud dello Yemen, meglio nota come colonia (o protettorato) di Aden. Per fare fronte alle pressioni di Londra, l’imam Yehia trovò un alleato nell’Italia di Mussolini, rivale della “perfida Albione”. Il regime fascista e il governo yemenita firmarono un trattato di alleanza nel settembre 1926. Nel patto valido dieci anni, si affermò “piena e assoluta indipendenza” allo Yemen, conferendo quel riconoscimento internazionale fino ad allora negato dalla Gran Bretagna.
Una delegazione yemenita, guidata da un figlio di Yehia, fu ricevuta con tutti gli onori a Roma nel giugno 1927, alla presenza del re Vittorio Emanuele III e di Mussolini. In tale occasione fu siglato un protocollo addizionale con cui l’Italia si impegnava a vendere armi a Sana’a. L’amicizia italo-yemenita durò per tutto il periodo del fascismo. Yehia continuò a praticare una politica anti inglese, forte dell’appoggio dell’Italia la quale, dopo la conquista dell’Etiopia, contendeva alla corona britannica la preminenza nel Mar Rosso. La diplomazia fascista coltivò con cura l’amicizia con l’imam Yehia, siglando un nuovo patto nel 1937. La lealtà dello Yemen verso l’Italia fu dimostrata anche durante la seconda guerra mondiale, che vide Sana’a alleata di Roma.
Dopo il crollo del fascismo, l’Italia si è occupata ben poco di cosa accadeva in Yemen (e fino al 1968 anche del protettorato di Aden). Sono davvero rare le volte che si sono incrociati i destini dei governi di Roma e Sana’a (o Aden). Fra i pochi atti degni di nota, si ricorda l’accordo di associazione dello Yemen con l’allora Cee che fu firmato da Giulio Andreotti, all’epoca presidente del Consiglio europeo.
La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006