Turchia e Ue, ipocrisia ideologica e questioni economiche
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 27 novembre 2006

Il negoziato tra Turchia e Unione Europea, iniziato da appena un anno, rischia già di essere interrotto. Il rapporto della Commissione Europea, reso noto l’8 novembre, aveva evidenziato gravi lacune in due ambiti: la questione cipriota e l’adeguamento della legislazione turca allo standard europeo in materia di libertà e diritti umani. Il 20 novembre il premier finlandese Matti Vanhanen, presidente di turno della Ue ha ribadito la linea dura ponendo un autentico ultimatum, già respinto da Ankara, di revocare l’embargo contro la Repubblica di Cipro legittimamente riconosciuta a livello internazionale, espressione dell’etnia greca maggioritaria nell’isola.

La situazione si fa sempre più difficile. In questo ultimo anno, da quando fu deciso l’avvio dei negoziati, il cammino della Turchia verso una piena adesione all’Ue ha subito molti inconvenienti. Rispetto all’inverno del 2005, Ankara appare ora più lontana da Bruxelles. Senza voler trascurare le responsabilità del governo di Erdogan, è doveroso ammettere che esistono troppi pregiudizi nei confronti della Turchia, per la quale si è spesso adottato un metro di giudizio ben più severo rispetto agli standard solitamente richiesti ad altri aspiranti membri della Ue.

L’analisi di come i media europei hanno presentato due fatti accaduti di recente rivela in modo eloquente il clima di ostilità preconcetta che l’opinione europea pare nutrire nei confronti di Ankara. Giornali e televisione del Vecchio Continente hanno concesso enorme risalto al gesto clamoroso compiuto da un centinaio di estremisti, appartenenti al gruppo ultranzionalista denominato “Lupi grigi”, che hanno occupato la cattedrale di Santa Sofia a Istanbul, emblema della discriminazione dei cristiani in Turchia. Allo stesso modo, l’opinione pubblica e i governi europei hanno criticato con durezza il premier Erdogan perché non incontrerà Benedetto XVI durante la visita del Papa a Istanbul nei giorni dal 28 al 30 novembre, in quanto in quei giorni il leader turco sarà impegnato al vertice della Nato che si tiene a Riga (Lettonia).

I due eventi non sono certo positivi per ciò che concerne le aspirazioni di Ankara di aderire alla Ue. Tuttavia, è doveroso riflettere sul fatto che gli stessi organi di stampa europei, così attenti nel mostrare l’atto di forza dei Lupi grigi, non abbiamo concesso eguale risalto al fatto che, in occasione del funerale dell’ex premier turco Bulent Ecevit, una folla ben superiore, nell’ordine di centinaia di miglia di persone, abbia manifestato per ribadire la laicità della Turchia e lanciare una sfida aperta la fondamentalismo islamico. Allo stesso tempo dobbiamo chiederci come mai chi critica Erdogan per il mancato incontro col Pontefice non abbia usato un medesimo metro di giudizio quando Zapatero ha rifiutato di recarsi alla messa che Benedetto XVI ha celebrato nella cattedrale dell’Almudena a Madrid, durante la sua visita ufficiale in Spagna. Eppure, in quella occasione non vi era nessun vertice Nato che potesse tenere impegnato il capo del governo spagnolo.

Questa disparità di trattamento è alla base di molte delle obiezioni che il partito dei contrari alla Turchia esprime quotidianamente. Appare quantomai discutibile l’atteggiamento di certi Stati, i quali intendono ergersi a paladini delle radici culturali del vecchio opponendosi all’ingresso di Ankara in Europa perché “è una nazione, musulmana, che non rispetta i diritti umani e che ha nei militari il centro del potere decisionale”. Questa ipocrisia ideologica è spesso utilizzata in modo strumentale dai governi di molte nazioni europee, fra cui spiccano Francia, Germania e Austria. Appare davvero difficile comprendere perché tali Stati si oppongano con tanta veemenza alla richiesta di adesione da parte di Ankara, che invece gode del sostegno della Grecia, storica nemica della Turchia.

In realtà, Dietro i ‘nobili’ motivi di facciata, basati su concetti politici, storici e culturali, potrebbero nascondersi ragioni più spicciole, legate a questioni meramente economiche. Se la Turchia dovesse entrare nella Ue, prenderebbe una gran parte dei fondi strutturali europei, sottraendoli al misero bilancio comunitario, già oggetto di molte discussioni. Questa ipotesi spaventa le cancellerie europee almeno quanto il rischio di annacquare la tanto decantata identità europea, che in realtà già adesso appare assai ambigua.

Il timore di perdere una quota dei fondi strutturali impedisce ai governi europei di vedere quelli che sarebbero i molteplici vantaggi derivanti dall’ingresso della Turchia nella Ue. Come è stato ben spiegato dall’eurodeputato italiano Lapo Pistelli, la Turchia può essere sia un insieme di opportunità sia un grosso problema, precisando che le differenti percezioni dipendono “dal tono della voce con cui ci si pone la questione”. Pistelli ha espresso tale concetto intervenendo insieme al collega Antonio Tajani ad un convegno tenutosi il 17 novembre a Firenze nell’ambito del corso Eunomiamaster Alta formazione politico istituzionale, che aveva per tema “Il futuro politico dell’Unione europea”.

Dal punto di vista economico l’Ue avrebbe tutto l’interesse ad aprire le porte ad Ankara, in virtù delle performance che ogni anno realizza l’economia turca, che registra una crescita media del nove per cento. La Turchia, inoltre, è lo snodo fondamentale per l’approvvigionamento delle fonti energetiche, con l’oleodotto Baku-Ceyahn e il gasdotto che dalla Turchia trasporta il gas in Grecia e in Italia. Facendo entrare la Turchia, la Ue si avrebbe a pochi chilometri di distanza i ricchi giacimenti petroliferi di Iran e Iraq. È facile comprendere quanti vantaggi vi potrebbero essere nel poter disporre delle fonti di energia in modo diretto, con l’opportunità di trasportare il greggio attraverso gli oleodotti risparmiando il pesante costo del trasporto per via marittima.

Ancora una volta gli interessi nazionali dei singoli Stati stanno oscurando una prospettiva di più ampio respiro. L’adesione a pieno titolo della Turchia potrebbe, invece, rendere vigore alla pigra economia europea e quindi favorire il rilancio di un processo di integrazione che è in grave difficoltà.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


Articoli e dossier

Home page