La Turchia, una nazione europea dai tempi di Kemal Ataturk
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 3 ottobre 2005

Per la Turchia gli esami non finiscono mai. Dopo le dichiarazioni del premier greco Karamanlis a “Le Figaro” - “Una Turchia europeizzata è nell’interesse di tutti” - sembravano non esistere più ostacoli per l’avvio dei negoziati per l’ingresso di Ankara nell’Unione europea (Ue). Quando i 25 paesi membri della Ue avevano raggiunto un accordo per l’inizio delle trattative, previsto per il 3 ottobre, sono di nuovo riemerse delle riserve.

Stavolta le obiezioni sono state avanzate dall’Austria, intenzionata a porre il veto su decisioni che tutti gli altri Stati europei avevano maturato dopo lunghe trattative col governo turco, guidato dal premier Recep Tayyp Erdogan. Sembra che gli austriaci stiano riesumando una grandezza imperiale dei secoli passati, quando furono proprio loro a fermare l’avanzata in Europa dell’Impero Ottomano, bloccato alle porte di Vienna nel 1683.

La questione dell’ingresso della Turchia nella Ue è stata al centro di un grande dibattito in tanti paesi. Raramente un argomento di politica internazionale aveva appassionato così tanto l’opinione pubblica del vecchio continente, che si è divisa fra favorevoli e contrari.

L’ostracismo nei confronti della Turchia, che ha presentato la sua domanda di adesione all’allora Cee nel 1963, si è basato su convinzioni - spesso pregiudizievoli - di carattere generale o specifico. Le riserve residue contro Ankara comprendono una vasta gamma di argomentazioni. Si va dal classico dilemma sulla natura non europea della Turchia, al fatto che sarebbe il primo paese musulmano a entrare nella Ue, all’eccessivo peso dei militari nella vita pubblica, alla richiesta di ammettere la responsabilità per il massacro degli armeni (avvenuto tra il 1914 e il 1915).

L’obiezione più comune è che la Turchia non può aderire alla Ue perché non è una nazione europea, né come usi e costumi né sotto il profilo geografico. Emblematica fu un’affermazione di Giulio Tremonti in un incontro pubblico tenutosi a Firenze nel gennaio di quest’anno, organizato dal "Movimento Progetto Città" presieduto da Andrea Ceccherini. Il ministro, di fronte alla domanda di un giovane sulla pretesa turca di entrare nella Ue, rispose con un altro quesito: “Secondo lei Ankara si trova in Europa?”

All’osservazione di Tremonti si potrebbe replicare la natura europea della Turchia era stata riconosciuta dalla celebre affermazione dello zar di Russia Nicola I, che alla fine del secolo XIX definì l’Impero Ottomano come il grande “Uomo malato d’Europa”. Molte carte geografiche dell’epoca, infatti, inserivano la regione che oggi corrisponde alla Turchia nel vecchio continente. D’altronde, nessuno può dubitare che in Europa si trovi Istanbul, l’antica Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente e città fondamentale per la storia del vecchio continente.

Poco convincente appare anche la contestazione fondata sul carattere islamico della Turchia. Ankara ha affermato la laicità dello Stato fin dal 1922 quando, dalle ceneri dell’Impero Ottomano, nacque la Repubblica di Turchia. Il fondatore del nuovo Stato, Mustafa Kemal Ataturk (“padre di tutti i turchi”), compì una scelta di campo verso usi e costumi europei. Fu emanata una Costituzione che faceva propri i valori secolari e laici, concedendo piena libertà di culto. Un nuovo codice civile abolì la poligamia e molte altre regole islamiche restrittive della libertà della donna.

Una legge del 1928 sanzionò la separazione fra potere politico e quello religioso, abrogando l’articolo della Costituzione del 1924 che dichiarava l’Islam religione di Stato. Ataturk intese rafforzare la laicità della nazione, elemento basilare per la modernizzazione del paese. Altre riforme di rilievo riguardarono l’adozione dell’alfabeto latino al posto dei caratteri arabi, la scelta del calendario europeo, la messa al bando dello storico copricapo islamico (fez).

Ataturk attribuì all’Esercito il ruolo di garante della laicità della Repubblica. Nei decenni successivi i militari hanno continuato a essere il pilastro fondamentale dello Stato. La presenza di un esercito tanto forte e fedele ai principi secolari, piuttosto che costituire un problema, dovrebbe essere vista dagli europei come una risorsa per combattere il terrorismo di matrice islamica. L’apporto dei militari turchi sarà più che mai utile in considerazione del fatto che, trattandosi di un paese musulmano, sarà per loro più facile capire le intenzioni di gruppi a loro simili come mentalità e origine.

Quanto al massacro degli armeni, rimane difficile capire cosa vorrebbero sentir dire gli europei da parte del premier turco Erdogan. Il genocidio avvenne tra il 1914 e il 1915, ovvero l’epoca in cui l’agonizzante Impero Ottomano era dominato dal movimento nazionalista dei “Giovani Turchi”. Come spiega Antonello Biagini (“Storia della Turchia contemporanea”, Bompiani, p. 49), Ataturk agì nel segno di una totale rottura con la classe dirigente del passato operando “un distacco netto e non equivoco”. L’eccidio degli armeni, atto comunque esecrabile, non può certamente essere attribuito né agli attuali governanti turchi né ai loro predecessori che si sono avvicendati alla guida della repubblica.

La Ue rischia di mostrarsi poco seria nei confronti della Turchia, utilizzando una palese disparità di trattamento nei confronti di Ankara. Il paese musulmano ha compiuto i passi decisivi verso l’Europa già dai tempi di Kemal Ataturk. Se i parametri imposti alla Turchia fossero applicati a tutti, allora si dovrebbe rimettere in discussione la legittimità della membership di tante nazioni. A cominciare proprio dall’Austria, che ha portato al governo un partito di estrema destra. Piuttosto che chiedere a Erdogan il “mea culpa” per la strage degli armeni, la Ue potrebbe chiedere a Vienna un parere su un cittadino austriaco di nome Adolf Hitler, che ha compiuto il genocidio più orribile della storia negli anni Quaranta del secolo scorso, quindi trent’anni dopo la strage degli armeni.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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