Domenica 13 luglio 2008, col vertice che si è svolto a Parigi, è nata ufficialmente una nuova struttura di carattere internazionale, denominata “Processo di Barcellona – Unione per il Mediterraneo”. Il progetto del presidente francese Nicolas Sarkozy, annunciato appena dopo la sua elezione, è ora divenuto realtà.
Tale organismo si comporrà di ben 43 Paesi, ovvero i 27 membri dell’Unione Europea (Ue) più 16 Stati che si affacciano sul Mare Nostrum: Algeria, Egitto, Israele Giordania, Libano, Marocco, Mauritania, Siria, Tunisia, Turchia, Autorità palestinese, Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Monaco.
L’evento, che ha polarizzato le attenzioni dei media e dei governi di tutto il mondo, merita di essere valutato con la ponderazione sempre e comunque obbligatoria di fronte a iniziative di tale portata. Nessuno può dire se l’Unione per il Mediterraneo potrà o meno operare in modo concreto, anche perché i contenuti e i metodi di lavoro non sono ancora perfettamente definiti. La sua funzionalità dipenderà da molte variabili adesso non prevedibili, legate talvolta a fattori che pure esulano dalle responsabilità o dai meriti degli stessi partecipanti all’iniziativa.
Tuttavia, fin da adesso si può rilevare che il summit ha rappresentato un successo di grande prestigio per la Francia e per Nicolas Sarkozy. Grazie a tale iniziativa, Parigi ha assunto una centralità nelle relazioni internazionali che da molto tempo le mancava.
Grazie alla determinazione e all’energia profusi dal presidente transalpino, autentico mattatore del summit, il vertice euro mediterraneo pare avere contribuito in modo efficace a far ripartire il processo negoziale per il Medio Oriente, ormai fermo da troppo tempo. In terra francese, grazie ai buoni uffici di Sarkozy, si sono registrati sviluppi degni della massima attenzione per ciò che concerne due fra i contenziosi più difficili del panorama internazionale: quello israelo-palestinese e quello siriano-libanese.
Nessuno può garantire che tali controversie saranno risolte presto o tardi. Tuttavia, si è almeno contribuito a sbloccare l’impasse. Soprattutto, è importante notare come certi progressi siano stati compiuti senza la presenza degli Usa, che fino ad ora hanno cercato di monopolizzare il gioco diplomatico dell’intera area mediterranea e mediorientale. Dopo Parigi, la Ue potrebbe avere assunto le redini del gioco. Merito, è doveroso ripeterlo, di Sarkozy e del governo francese.
A tal proposito, non si deve scadere in facile demagogia e pensare che il capo dell’Eliseo vuole creare l’Unione per il Mediterraneo per ragioni meramente ideologiche. Non vale troppo la pena credere a parole di alto impatto morale ma senza significato politica inidonee come sogno, ideale, valori, pace. La politica internazionale è il regno del pragmatismo e in tale ambito i buoni propositi valgono solo se capaci di produrre vantaggi alle parti in causa.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha un grande interesse a investire le sue migliori risorse politiche e diplomatiche. “Sarko” è un politico di spessore e dotato della qualità basilare per chi ricopre cariche di alto profilo: l’ambizione di entrare nella Storia. Il capo dell’Eliseo sa che con questo semestre di presidenza dell’Unione europea si gioca molto della sua credibilità. Sarko è un egocentrico, un protagonista nato. Per uno come lui, lasciare il segno in questo semestre è una sorta di imperativo categorico. D’altronde, il treno della Storia passa poche volte per tutti e quindi non si deve farselo sfuggire.
Nicolas Sarkozy vuole centrare un traguardo di prestigio assoluto e l’Unione per il Mediterraneo pare ora essere il solo obiettivo possibile fra quelli prefissati. Gli altri grandi propositi ambiziosi, infatti, paiono irraggiungibili. Non è alla portata, almeno a breve termine, la possibilità di far compiere il salto di qualità nel processo di unificazione europea, gravemente colpito dalla bocciatura del trattato di Lisbona da parte dell’Irlanda. Neppure sembra assolutamente probabile un accordo sui mutamenti climatici, vista la ferma l’opposizione dei Paesi emergenti, Cina e India in primis. Pertanto, far partire bene l’Unione per il Mediterraneo diviene una necessità indispensabile per legare il nome di Sarkozy a qualcosa che “sarà ricordato dalla Storia”.
Il presidente francese ha scelto bene il tempo di presentazione della sua idea. Mentre molti uomini di governo sono soliti impegnarsi per realizzare visioni ambiziose alla fine del loro mandato, Sarkozy ha invece scelto di giocare il suo progetto di punta appena un anno dopo avere assunto la carica. Tale mossa è quantomai azzeccata poiché solleva il leader francese da quella ossessione che sovente angoscia molti potenti i quali, una volta arrivati alla fine del mandato, cercano in modo spasmodico di lasciare la loro impronta nella storia. Di solito, questi tentativi in extremis sono destinati al fallimento, sia perché preparati con fretta eccessiva, sia perché non conviene a nessuno impegnarsi troppo con una personalità che di lì a poco non avrà più valore decisionale. Sarkozy, al contrario, ha giocato il suo asso di briscola a inizio partita, garantendosi un evidente vantaggio competitivo nel contesto geopolitico più generale. Sarko resterà almeno per altri quattro anni all’Eliseo.
Fino al 2012, i maggiori decision-makers della politica internazionale dovranno fare i conti con Sarko il quale, non dimentichiamolo, è leader di una delle nazioni fra le più influenti al mondo. Ne consegue che capi di Stato e di governo saranno costretti (volenti o nolenti) a occuparsi dell’Unione per il Mediterraneo, secondo la semplice logica del “do ut des". Chiunque voglia fare affari con la Francia, dovrà giocoforza tenere conto di quanto il capo dell’Eliseo tenga all’Unione per il Mediterraneo.
Si potrà obiettare che il successo o l’insuccesso di un progetto così ambizioso non potranno dipendere soltanto dalla motivazione personale di un uomo politico o di un governo nazionale. Le incognite sull’Unione per il Mediterraneo sono ancora molte. Sarà senz’altro arduo far lavorare una struttura con quarantatre Stati membri, molti dei quali non mediterranei. I rischi di un fallimento simile al Processo di Barcellona sono tutt’altro che scongiurati. In tale frangente, vi è sono però validi motivi per credere che l’impegno profuso da Sarkozy possano garantire valore aggiunto al progetto.
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La Grecia contemporanea (1974-2006) di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera ed. Polistampa, 2007 |
Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005 di Rudy Caparrini prefazione di Franco Cardini ed. Masso delle Fate, 2006 |