I progressi in Medio Oriente, merito degli arabi
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 11 marzo 2006

Il Medio Oriente è in pieno fermento. Ciò che non era avvenuto in un secolo sta accadendo in questo 2005, anno destinato a cambiare il volto della regione. Dalle elezioni in Palestina, che hanno sancito la netta vittoria di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a quelle in Iraq, all'annuncio di Mubarak di imminenti riforme in Egitto, alle aperture in Arabia Saudita, per concludere con la rivoluzione dei cedri in Libano. Non si può che rimanere sorpresi di fronte a tanti sconvolgimenti in una regione per molti decenni ingessata da dittature e autoritarismi.

Di fronte a un fenomeno politico e sociale così esteso, destinato a essere celebrato nei libri di storia, è fisiologico che in molti siano pronti a rivendicare i meriti per ciò che sta accadendo. Tutto prevedibile poiché - lo sappiamo bene - la sconfitta è orfana mentre la vittoria ha sempre molti padri.

Il primo ad attribuirsi certi meriti è stato il presidente americano George W. Bush il quale, supportato da autorevoli commentatori, sostiene di avere svolto il ruolo decisivo in virtù della sua politica finalizzata a esportare la democrazia nella regione. Washington afferma che la fermezza mostrata dal presidente e dal suo entourage hanno fruttato i risultati desiderati, costringendo i paesi arabi a rivedere le loro posizioni.

Le tesi di Bush e dei suoi sostenitori possono essere smentite osservando bene quanto sta avvenendo nella realtà. L'analisi dei fatti dimostra, al contrario di quanto sostiene Washington, che il processo di riforma è frutto di una serie di fattori propri di ogni singolo Stato.

La grande affluenza al voto in Iraq è da imputarsi alle scelte dettate dal leader spirituale degli sciiti, ayatollah Al Sistani, non certo ai marines. La decisione delle autorità religiose di collaborare con le forze di occupazione ha convinto i cittadini iracheni che valeva la pena di provare l'esperienza della democrazia, una materia sconosciuta di cui avrebbero altrimenti dubitato.

In Palestina Abbas si è legittimato da solo, conquistando l'appoggio popolare delle masse e creando una sua rete di uomini capaci di garantire la sicurezza interna. L'attuale presidente dell'Autorità nazionale palestinese non è affatto il personaggio imposto dagli Usa a un popolo che non lo accettava. Al contrario, Abbas si è guadagnato sul campo l'investitura a leader, stimolando nel suo popolo la speranza di un futuro migliore.

Le scelte compiute in Egitto e in Arabia Saudita sono frutto di una lunga evoluzione interna. In Egitto Mubarak aveva deciso da tempo di voltare pagina, incaricando il figlio Gamal di guidare il processo di innovazione. L'Arabia Saudita si sta muovendo verso le riforme grazie al principe Adbullah, personalità politica di primo piano dell'intero Medio Oriente, che sta imponendo al paese un percorso di rinnovamento lento ma efficace. Anche in tal caso ha prevalso la scelta di un metodo proprio, che non ha inteso accettare imposizione alcuna da potenze straniere.

Il Libano è il caso più emblematico di un mutamento legato a esigenze interne. L'omicidio Hariri ha consentito un recupero della coesione nazionale per la prima volta dal 1975. Per tale motivo la Siria si è detta pronta a programmare un ritiro delle sue truppe nella valle della Bekaa. Bashar Assad aveva in programma il ripiegamento delle sue forze armate già da tempo ma, al contrario di quanto si credeva, erano le stesse forze politiche libanesi a chiedere la permanenza dei militari siriani. La manifestazione promossa da Hezbollah ha mostrato che una parte cospicua della colazione libanese non considerava i soldati di Damasco come truppe di occupazione.

Il decantato '89 degli arabi è merito degli arabi stessi, che hanno scelto di ricercare la via nazionale delle riforme, senza farsele imporre dall'alto. Gli arabi sono troppo orgogliosi per accettare lezioni da altre culture. Casomai, i discendenti di Maometto e Averroè hanno accettato di ascoltare alcuni consigli, pensando a come tali suggerimenti si potevano integrare con le loro realtà nazionali. Il processo riformista in corso rappresenta quindi la fisiologica evoluzione di una regione che, dopo decenni di blocco totale, ha adesso trovato gli strumenti idonei per una trasformazione interna.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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