Libano, necessario un ruolo decisivo per Grecia, Turchia e Cipro
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 1 agosto 2006

Da circa tre settimane le attenzioni dei media internazionali sono tutte concentrate sul conflitto in corso in Libano, che ha per protagonisti l’esercito israeliano ed Hezbollah, la milizia sciita filo iraniana che di fatto controlla una fascia di territorio nel sud del Paese dei Cedri. Quanto accade sul campo è ben descritto dai cronisti di giornali e televisioni, che riportano con precisione i combattimenti e le conseguenze tremende che sta pagando la popolazione civile di entrambe le parti.

La diplomazia internazionale sta palesando una cronica incapacità di agire. Una volta ancora sta emergendo la passività dell’Onu la quale, frenata dalla minaccia di veto Usa, non riesce ad adottare neppure una risoluzione al Consiglio di Sicurezza che richieda alle parti un cessate-il-fuoco immediato (atto dal mero valore formale ma che magari potrebbe comunque salvare la faccia al Palazzo di Vetro). Il grande impegno del segretario generale Kofi Annan, che ha più volte convocato d’urgenza il Consiglio di Sicurezza, ha generato scarsi risultati. Appare evidente che la soluzione di questa ennesima crisi mediorientale non potrà avere l’Onu come unica protagonista.

Pur rilevando le solite lacune, si possono tuttavia scorgere taluni elementi degni di apprezzamento nel panorama politico mondiale. Con tutti i suoi limiti, la diplomazia internazionale pare avere scelto un metodo interessante sia per l’approccio realista adottato sia per ciò concerne la scelta gli Stati da coinvolgere. Assumendo un atteggiamento diverso dai tradizionali contesti, che vedevano la sola presenza della grandi potenze, questa volta i soggetti più importanti (Onu, Nato, Ue) hanno esteso l’invito a nazioni meno in vista ma probabilmente più utili a risolvere a fornire un contributo costruttivo.

Dalla deludente conferenza di Roma, che ha prodotto perfino meno del poco che prometteva, merita di essere segnalata la presenza di tre Paesi di cruciale importanza: Cipro, Grecia e Turchia. Pur se gli organi di informazione hanno trascurato le delegazioni delle nazioni citate, i tre Stati del Mediterraneo orientale si presentano come i più indicati per realizzare un’iniziativa diplomatica capace di coinvolgere le parti in lotta.

Ripensando alla storia e all’attualità del Libano e del Medio Oriente più in generale, appare evidente che Atene, Ankara e Nicosia sono le sedi più idonee per lanciare idee costruttive relative a un’area geografica che conoscono assai bene. Senza alcun dubbio, l’eventuale forza multinazionale di cui tanto si parla potrebbe funzionare al meglio se vedesse la presenza (e magari il comando congiunto) di greci, turchi e ciprioti.

Tutti sanno delle ottime relazioni che la Grecia ha sempre intrattenuto con i governi mediorientali. Pur collocandosi nel campo occidentale fin dall’immediato dopoguerra, Atene ha sempre goduto di rapporti privilegiati con tutti i Paesi islamici (discorso a parte va fatto per la Turchia). Ancora oggi, nonostante gran parte della comunità internazionale tenda a ghettizzare Iran e Siria, la diplomazia greca mantiene invece relazioni cordiali con Teheran e Damasco, i grandi sponsor di Hezbollah. I legami politici ed economici fra Grecia e Medio Oriente sono sempre stati strettissimi. La diplomazia greca conosce bene la storia, la cultura e l’attualità del Medio Oriente e i popoli mediorientali si fidano dei greci.

Altro elemento che induce ad affidare un ruolo importante alla Grecia, che oltretutto è membro del Consiglio di Sicurezza Onu, concerne la rinomata avversione che Atene ha sempre palesato nei confronti di Washington. I governi ellenici hanno sempre avuto rapporti ostili con gli Usa e questo è ben apprezzato oggi in Libano, dove la popolazione nutre un crescente sentimento di disprezzo per l’amministrazione Bush, accusata di avallare le operazioni militari israeliane.

Considerazioni analoghe si possono fare per la Turchia, profondamente ancorata alla regione in forza di una storia che ha visto i turchi dominatori del Medio Oriente per vari secoli. Sotto il profilo dell’attualità il legame è ugualmente molto stretto. L’attuale governo turco, guidato dal partito islamico moderato di Recep Tayyp Erdogan, sta svolgendo una politica di grande attenzione nei confronti del Medio Oriente e del Mediterraneo orientale. Pure l’esecutivo di Ankara, al pari di quello di Atene, può esercitare un’azione diplomatica autorevole verso Siria e Iran, unici soggetti capaci di forzare la mano a Hezbollah.

Pure Cipro è una pedina fondamentale per gli equilibri politici dello scacchiere mediorientale. Prima di tutto in virtù della sua posizione geografica, dal momento che si trova vicinissima alle coste del Libano. Cipro può essere il quartier generale dell’intera operazione, il luogo dove le diplomazie e gli stati maggiori degli eserciti si ritroveranno per discutere su le mosse più urgenti da compiere.

Si può quindi comprendere che la forza multinazionale da schierare in Libano, augurandosi che una decisione in tal senso venga presa al più presto, potrebbe essere guidata dalle principali potenze del Mediterraneo orientale, appunto Grecia e Turchia. Senza dubbio, i contingenti greci e turchi sarebbero più capaci di chiunque altro di gestire un contesto che richiede competenza, affinità culturali coi popoli e le etnie che vi abitano, possibilità di disporre di un buon apparato militare, abituato a mantenere l’allerta. Sotto questo ultimo profilo, greci e turchi sono ottimamente allenati proprio a causa delle reciproche tensioni di vecchia data, che hanno imposto ai rispettivi eserciti di mantenere alta la guardia nel Mar Egeo e appunto nel Mediterraneo orientale, area geografica ove si trova lo stesso Libano.

Il contingente multinazionale può funzionare solo con un comando affidato, magari in modo congiunto, a Grecia e Turchia. Non avrebbe senso una forza multinazionale con caschi blu (ad esempio) provenienti da Argentina, Austria, Canada o India. Inviando truppe appartenenti a Stati lontani, che non hanno alcuna attinenza col Libano e con i libanesi, si creerebbero delle tensioni inevitabili fra popolazione locale e questi soldati, creando difficoltà aggiuntive ai militari che già provano una forte tensione per il fatto di svolgere una missione complicata in un ambiente esasperato da anni di guerra.

La guida congiunta di Grecia e Turchia sarebbe l’ideale connubio in grado di sopire ogni ragionevole dubbio. Si dimostrerebbe che non vi è alcun pregiudizio religioso o etnico nei confronti delle parti coinvolte. Sulla base della politica attuata negli ultimi decenni, infatti, Atene e Ankara appaiono garanzia di un’imparzialità tanto chiara da apparire paradossale. La Grecia, infatti, è uno Stato cristiano, inserita nel campo occidentale ma che ha sempre avuto relazioni migliori con gli arabi piuttosto che con Israele. La Turchia, d’altro canto, è tutto l’opposto: un Paese musulmano alleato con Israele e per questo spesso accusato dai ‘fratelli’ dell’Islam. Il contenzioso per Cipro rappresenta la somma di queste due contraddizioni, in quanto vede il fonte arabo parteggiare per la cristiana Grecia contro la musulmana Turchia. I governi greci e turchi sarebbero perciò capaci di coalizzare un consenso ‘bipartisan’ altrimenti difficile da ottenere.

A Grecia e Turchia dovrà affidarsi anche l’Italia, insignita di un ruolo tanto prestigioso quanto pericoloso. Il nostro Paese, che pure deve sentirsi lusingato di essere stato chiamato in causa dallo stesso governo libanese, è obbligato a valutare con attenzione le difficoltà che comporterebbe un impegno da protagonisti sotto il profilo politico e militare. È sufficiente ripensare alle molte tensioni create dall’impiego delle truppe italiane in Iraq, oggetto di critiche ripetute nonostante l’ottimo lavoro svolto. Solo col contributo attivo di Atene e Ankara il governo italiano, che rivendica legittimamente un ruolo diplomatico da leader nella questione libanese, potrà agire con efficacia. La desiderata posizione di prestigio italiana, obiettivo senza dubbio raggiungibile, si potrà materializzare solo coinvolgendo le nazioni che più hanno dimestichezza con i popoli del Medio Oriente.

La mancanza di una preparazione culturale e politica appropriata può costare caro alle nazioni che si faranno carico di un onere tanto pesante. Lo abbiamo visto bene in Iraq dove parecchi contingenti stranieri hanno avuto vita difficile a causa dell’impossibilità di stabilire un qualunque legame con la popolazione civile, che vedeva in questi soldati degli occupanti piuttosto che un aiuto alla ricostruzione. Perciò è consigliabile un approccio nuovo, che ponga in primo piano l’affinità fra la popolazione locale e truppe da inviare in suo soccorso. Greci e turchi possono gestire la situazione in Libano meglio di tutti e per questo è auspicabile che la strada per una normalizzazione a Beirut (non si azzarda a dire pacificazione) debba passare per Atene e Ankara.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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