Hamas al potere potrebbe essere meno pericolosa
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 31 gennaio 2006

Le elezioni legislative nell’Autorità nazionale palestinese (Anp), che si sono tenute il 25 gennaio, hanno sancito la netta vittoria da parte di Hamas, il movimento estremista di matrice islamica fondato dallo sceicco Yassin nel 1988, in concomitanza con l’esplosione della prima Intifada. Hamas in modo schiacciante, ottenendo ben 76 seggi sui 132 disponibili, stracciando il Fatah del presidente dell’Anp Mahmoud Abbas (detto Abu Mazen), il partito che ha dominato la scena politica palestinese da decenni, dai tempi di Yasser Arafat.

Il responso delle urne ha suscitato allarme in tutto il mondo. Taluni commentatori, senza timore di esagerare, hanno paragonato il successo di Hamas al processo storico e politico che condusse Hitler al vertice della Germania nel 1933. I timori dell’opinione pubblica e delle cancellerie di tutto il mondo possono essere comprensibili, ripensando a quello che è stato l’atteggiamento di Hamas fino a oggi. Gli osservatori internazionali, tuttavia, dovrebbero tenere in conto che il 25 gennaio è avvenuto un fatto che potrebbe mutare per sempre la mentalità della formazione fondata dallo sceicco Yassin: la conquista del potere politico a mezzo di regolari elezioni.

Per quanto possa sembrare paradossale, Hamas, adesso che si trova ad amministrare l’Anp, potrebbe essere meno pericolosa di quanto lo è stata fino a oggi. L’affermazione alle legislative, infatti, pone Hamas di fronte a una responsabilità precisa. Non basterà più fare ricorso a slogan e ad attentati per godere del consenso della gente. Hamas dovrà fare politica nel vero senso del termine, con tanto di gestione dei ministeri e delle forze di polizia.

Occupando i posti di potere, la piaga della corruzione potrebbe coinvolgere anche gli integralisti, che hanno vinto queste lezioni nel nome della purezza opposta al degrado e alla corruzione di Fatah. Poiché gli uomini sono uguali dappertutto, con le loro virtù e i loro vizi, il mito di Hamas potrebbe essere intaccato ben presto. Gli stessi palestinesi, che hanno scelto in massa il gruppo estremista, potrebbero presto scoprire i limiti dei loro nuovi governanti, sia sotto il profilo della capacità di governo sia per ciò che concerne la loro capacità di resistere alle sirene del potere.

In ogni caso, la vittoria del 25 gennaio non dovrebbe conferire ad Hamas un potenziale superiore per minacciare Israele dal punto di vista militare. A differenza di quanto avvenne negli anni 30 con Hitler, che si trovò a guidare una nazione con un consistente potenziale bellico, l’Anp non ha un vero esercito né dispone di armi particolarmente pericolose. Le forze a disposizione di Hamas, intese sotto il profilo militare, sono le stesse di cui era già in possesso prima di vincere le elezioni.

Piuttosto, ora che dovrà Hamas governare l’Anp, il ricorso ai kamikaze potrebbe essere calmierato. Poiché Hamas si pone il fine di garantire una vita migliore ai suoi cittadini, l’interesse dell’esecutivo sarà di evitare nuove guerre con Israele, che metterebbero ancor più in difficoltà la già precaria economia palestinese. In seguito all’acquisizione del potere politico, Hamas dovrà ragionare secondo logiche differenti da quelle adottate nei panni di partito di opposizione.

Alcuni elementi inducono a pensare che Hamas, cosciente di poter vincere le legislative, già stava preparandosi a un nuovo approccio. Un rapporto speciale diffuso il 27 gennaio dall’istituto Memri (Middle East Media and Research Institute), poneva in luce che il gruppo islamico palestinese aveva condotto una campagna elettorale improntata sul pragmatismo, contenendo i toni estremisti che ne avevano caratterizzato ogni attività del passato. Il rapporto di Memri illustra che Hamas pareva avere scelto posizioni inconsuete, quali l’idea di costruire uno Stato palestinese entro i confini del 1967, senza rivendicare la sovranità sull’intera Palestina dei tempi del mandato britannico.

Tale asserzione presenta valore sostanziale e segna per Hamas una svolta col passato giacché, senza dichiararlo esplicitamente, il riferimento ai confini del 1967 implica di fatto l’accettazione (se non il riconoscimento) della esistenza dello Stato di Israele. Tali aperture possono indurre a credere che Hamas, al di là di una sua reale volontà, avesse compreso che l’imminente successo elettorale obbligava il gruppo a mutare ‘look’, assumendo le sembianze di un vero partito politico.

Senza trascurarne i rischi possibili, Hamas, proprio perché i numeri le hanno assegnato una maggioranza tale da governare con autorità, potrebbe contribuire a creare un Medio Oriente più stabile. Anche questo può sembrare un paradosso, giacché l’organizzazione islamica si presenta come bellicosa e guerrafondaia. Si deve, però, ricordare che la storia contemporanea della regione è ricca di esempi che narrano di gesti storici compiuti da ex combattenti: Begin, Sadat, Rabin, Arafat, Sharon. Hamas potrebbe seguire un’evoluzione simile, negoziando con Israele e contribuendo a siglare un nuovo accordo, non per reale volontà ma perché questa è la via più conveniente per entrambi.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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