Il 1° agosto è morto re Fahd, quinto sovrano del regno dell'Arabia Saudita. Il vecchio monarca, che aveva 84 anni, non esercitava più le sue funzioni di capo di Stato e di governo già dal 1995, quando fu colpito da un ictus. Da allora aveva delegato le funzioni di governo al fratello Abdullah, il principe ereditario, che adesso gli succede ufficialmente sul trono.
Fahd, che era uno degli oltre cento figli di Ibn Saud, il fondatore del regno d'Arabia che porta il nome della sua famiglia, aveva svolto incarichi di rilievo fin da giovanissimo. Dopo avere lavorato al ministero degli Esteri, nel 1953 gli fu assegnato il dicastero dell'Istruzione, che lasciò nel 1962 per passare agli Interni. L'anno della grande svolta per Fahd fu il 1975, quando fu nominato principe ereditario e vice primo ministro, divenendo di fatto l'uomo più potente del regno. La sua leadership, già effettiva, fu formalizzata nel 1982, quando salì sul trono dell'Arabia Saudita.
L'operato politico di Fahd merita di essere riletto con attenzione, poiché evidenzia in modo perfetto l'insieme delle contraddizioni di cui si è reso protagonista il regno saudita negli ultimi decenni. Finché la salute lo ha sorretto, Fahd ha mostrato indubbie capacità diplomatiche in uno scacchiere complesso qual è il Medio Oriente. All'interno del mondo arabo, si ricorderà l'opera di mediazione che svolse durante il conflitto in Libano. Fahd, infatti, fu l'artefice degli accordi sottoscritti nel 1989 a Taif (che si trova in Arabia), che posero fine alla guerra civile che per quasi quindici anni aveva insanguinato il paese dei cedri.
Il nome di Fahd sarà ricordato nei libri storia dell'Occidente per la prima crisi irachena, culminata nella guerra del 1991. In seguito all'invasione del Kuwait da parte delle truppe irachene, avvenuta il 2 agosto 1990, il monarca saudita si rivolse agli Usa per sollecitare l'invio di truppe al fine di arginare la minaccia portata da Saddam Hussein. L'arrivo dei marines sul sacro suolo fu fonte di attrito coi circoli conservatori islamici, contrari al fatto che eserciti stranieri stazionassero nella nazione che ospita i luoghi santi per i musulmani. Fra i più critici emerse Osama bin Laden, che fino a quel momento era stato un ottimo amico della famiglia reale saudita. L'arrivo dei soldati in Arabia originò la nascita di Al-Qaeda, che si pose come priorità assoluta proprio l'evacuazione degli eserciti stranieri dal sacro suolo saudita.
La rottura con bin Laden è l'emblema del rapporto contraddittorio di Fahd con i circoli religiosi del suo paese. Durante il suo regno, Fahd ha conferito una legittimazione ancora più evidente al clero wahabita, pilastro dello stato fin dalla fondazione. Per compiacere gli ambienti clericali, il sovrano si attribuì la carica di "Custode delle sante moschee di Mecca e Medina", un titolo mai esistito prima.
Al pari dei suoi predecessori, Fahd non si è distaccato dalla dottrina teorizzata nel Diciottesimo secolo da Abdul Al-Wahab (da cui wahabismo), che concepisce l'Islam in modo purista e restrittivo. Fahd ha governato nel segno dell'islamismo, l'ideologia che fin dagli anni 60 fu sostenuta anche dalle potenze occidentali, che la ritennero una valida alternativa al socialismo panarabo patrocinato dal presidente egiziano Nasser e dal partito Baath (egemone in Siria e in Iraq). Gli occidentali appoggiarono le fondazioni islamiche (Charity foundations), che elargivano fondi a gruppi musulmani in tutto il mondo.
I governi occidentali hanno spesso presentato Fahd come modello di leader arabo moderato e riformista. In realtà, il defunto sovrano non ha mai applicato i concetti di libertà e democrazia tipici dell'Occidente. L'Arabia è ancora oggi lo Stato con la legislazione più discriminante nei confronti delle donne. La democrazia è del tutto inesistente in un paese dove tutto il potere è concentrato nelle mani di una numerosissima famiglia reale (si parla di circa 7.000 cugini). I grandi introiti derivati del petrolio sono appannaggio di poche famiglie, mentre i cittadini vivono in condizioni di forte disagio.
Solo dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, cui hanno preso parte molti cittadini sauditi, i governi occidentali si sono accorti di queste contraddizioni. Si è scoperto anche che i fondi elargiti dalle Charity foundations, in parte provenienti anche da membri della famiglia reale saudita, hanno finanziato i movimenti fondamentalisti islamici in tutto il mondo. Fahd non poteva non sapere niente di tutto ciò.
A difesa dell'ex monarca si possono invocare tutte le attenuanti del caso. Governare in Medio Oriente è difficile ovunque, più che mai nel regno che ospita i luoghi santi e dove il radicalismo wahabita è assai diffuso. Non si può, tuttavia, neppure sostenere che Fahd abbia conferito un carattere più moderno al suo regno. Il sovrano appena deceduto è stato un tipico esponente della tradizione saudita, una monarchia reticente a ogni genere di innovazione.
La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006