Abu Mazen (Mahmoud Abbas) e il fattore Barghouti
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 14 gennaio 2005

Le prime elezioni libere nell'Autorità nazionale palestinese (Anp), che si sono svolte domenica 9 gennaio, hanno sortito il risultato annunciato: Mahmoud Abbas (detto Abu Mazen) ha vinto in modo chiaro e indiscutibile. L'ex premier dell'Anp ed ex numero due della Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), per molti anni oscurato da Arafat, ha ottenuto maggioranza assoluta dei consensi, con un eloquente 62%.

Adesso il nuovo presidente è chiamato a fronteggiare un compito delicato, tipico di tutti coloro che sono eletti in modo democratico. Il capo dell'Anp ha l'obbligo soddisfare le aspettative dei suoi sostenitori.

La sua candidatura è stata caldeggiata da un gran numero di soggetti, sia in casa propria sia a livello internazionale. Il mondo intero domanda ad Abbas di lavorare per la ripresa del processo negoziale con Israele, interrotto nel settembre 2000 in seguito allo scoppio della seconda Intifada. Il nuovo numero uno dell'Anp è ritenuto l'uomo giusto per intraprendere un dialogo costruttivo che possa placare tensioni esasperate da oltre quattro anni di guerra.

Oltre che assecondare le richieste degli sponsor internazionali, Abbas deve anche - anzi soprattutto - preoccuparsi di ricompensare i gruppi interni all'Anp che ne hanno patrocinato la causa, con particolare attenzione per il suo partito Fatah. Ciò significa due cose in particolare: assegnare posti di rilievo ai suoi "grandi elettori" e rispettare il programma presentato alle masse.

Le indiscrezioni concernenti la composizione del nuovo governo riflettono i rapporti di forza interni all'Anp. Come era facile intuire, un ruolo di primo piano spetterà a Mohammed Dahlan, il giovane leader di Gaza cui potrebbe toccare i ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale. Altrettanto prevedibile appare il ritorno in auge del generale Nasser Youssef, che osò sbattere la porta in faccia ad Arafat quando rifiutò la carica di ministro della sicurezza nazionale, dopo avere compreso che sarebbe stato solo un fantoccio del capo storico.

Abbas dovrà anche adoperarsi per soddisfare le pretese di un personaggio molto popolare, anch'egli decisivo per la sua trionfale elezione: Marwan Barghouti, un leader carismatico molto amato dalle masse, che vedono in lui il simbolo della lotta palestinese contro l'ingiustizia.

Barghouti, il cui prestigio è ancora più grande per il fatto di essere detenuto in una prigione israeliana, è da ritenersi un grande artefice della vittoria di Abbas poiché, ritirandosi dalla competizione elettorale dopo averne paventato la partecipazione, ha consentito al gruppo dominante Fatah di presentare un candidato unico. In virtù di tale mossa, Barghouti ha evitato di creare ulteriori lacerazioni, che potevano gettare benzina sul fuoco di una situazione già incandescente.

Il sostegno degli uomini vicini a Barghouti sarà necessario per garantire un'efficace azione in materia di sicurezza nazionale. Il leader detenuto, capo della fazione di Fatah denominata Tanzim, è il punto di riferimento delle masse. È verosimile pensare che molti palestinesi dei ceti non agiati, poco inclini a votare Abbas, abbiano deciso di sostenere l'uomo in giacca e cravatta proprio perché tale candidatura godeva anche del supporto di Barghouti.

Adesso Abbas ha il dovere di ricordarsi di Barghouti. La capacità del presidente di perorare la causa di colui che viene definito il "Mandela palestinese" sarà un elemento fondamentale per rafforzare il suo potere. Il supporto popolare ampio e consolidato potrà conferire al nuovo presidente quella capacità di agire contro Hamas e Jihad che durante il suo mandato da primo ministro è mancata a causa dell'atteggiamento troppo ambiguo di Arafat.

D'altronde, durante la campagna elettorale il presidente aveva più volte affermato che la richiesta di scarcerazione dei fratelli detenuti sarebbe stata una priorità del suo mandato. Ora non è più consentito di rinnegare una parola spesa pubblicamente.

Abbas deve fronteggiare situazioni che, seppure sconosciute in Medio Oriente, sono del tutto normali per un presidente eletto democraticamente. Come avviene in ogni parte del mondo, la competizione elettorale significa confronto tra più schieramenti che si formano sulla base di progetti condivisi. Se una delle componenti della coalizione viene meno, il governo rischia di cadere.

La vittoria di Abbas è frutto di un concorso di più fazioni, che meritano tutte eguale soddisfazione. Ottenendo la liberazione di Barghouti il governo si rafforzerà. Trascurando la sua causa si avrà la defezione di questa importante componente. Per tali ragioni la scarcerazione di Barghouti deve essere una priorità per Abbas.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
di Rudy Caparrini
prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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