L'incognita Barak, come Rabin o come Dayan?
di Rudy Caparrini
Pagine di Difesa 19 giugno 2007

Ehud Barak torna sulla scena della politica israeliana da protagonista. Dopo alcuni anni di assenza seguiti alla cocente sconfitta elettorale del 2001 per la corsa a premier, quando fu travolto da Sharon, l'ex capo del governo di Gerusalemme, ultimo esponente del partito laburista ad avere guidato l'esecutivo di Israele, ha di fronte a sé una nuova chance per legare il suo nome alla storia dello Stato ebraico. Barak, infatti, è stato nominato ministro della Difesa in sostituzione di Amir Peretz, al quale era già succeduto alla guida del partito laburista.

La scelta di Olmert rappresenta una decisione di valore sostanziale, forse la più rilevante compiuta dal leader dell'esecutivo israeliano in fatto di nomine e di incarichi da quando ha assunto le redini del Paese. Barak è stato insignito di tale compito in virtù della sua grande esperienza in materia, frutto di una carriera militare ai più alti livelli. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla politica, Barak è stato prima membro delle squadre speciali, quindi ufficiale e protagonista di una scalata senza freni ai vertici dell'esercito stesso, fino a divenire capo di stato maggiore.

Tale scelta è destinata senz'altro a incidere sulla situazione mediorientale. Già stanno emergendo le prime ipotesi su quelle che saranno le intenzioni di Barak. Secondo quanto rivela il giornale inglese Sunday Times, citando fonti militari israeliane, il nuovo ministro della Difesa starebbe preparando un'imponente operazione militare nella Striscia di Gaza con l'impiego di circa 20mila soldati. Obiettivo di questa mossa sarebbe il definitivo annientamento di Hamas, il gruppo oltranzista palestinese che ha occupato con la forza Gaza soverchiando le forze ufficiali dell'Autorità nazionale palestinese fedeli la presidente Abu Mazen.

È possibile che l'indiscrezione resa nota dal quotidiano londinese contenga un fondo di verità. Un caso analogo nella storia di Israele si verificò nel giugno 1967, quando la nomina a ministro della Difesa di Moshe Dayan, anch'egli ex capo di stato maggiore come Barak, coincise con la scelta di un attacco preventivo che portò alla guerra dei Sei giorni.

La situazione attuale, in effetti, potrebbe presentare alcune somiglianze col 1967, visto lo stato di tensione esistente fra Israele e i gruppi oltranzisti Hamas ed Hezbollah, padroni rispettivamente di Gaza e del Libano del sud. Senza dimenticare le solite ruggini esistenti fra lo Stato ebraico e la Siria, con quest'ultima che pretende la restituzione delle Alture del Golan, occupate nel 1967 dalle truppe israeliane. In aggiunta, il conflitto potrebbe pure coinvolgere l'Iran, considerato il grande sponsor dei terroristi che dichiarano apertamente di volere la distruzione dello Stato d'Israele.

Un altro elemento analogo al 1967 si riscontra effettuando una comparazione fra le figure dei due ministri della Difesa e quelle dei rispettivi premier. Ehud Olmert è inesperto di cose miliari proprio come lo era Levi Eskhol, premier all'epoca della guerra dei Sei giorni. In più, quanto a carisma popolarità Barak prevale su rispetto Olmert, come del resto Dayan aveva una personalità superiore a quella di Eskhol.

In base ai corsi e ricorsi della storia ci sarebbero quindi i presupposti perché l'esercito ebraico possa muovere una guerra preventiva su vasta scala come nel 1967. Tuttavia, vi sono pure ragioni che inducono a credere che Israele non abbia alcun interesse a un'operazione militare che comporterebbe grandi rischi e vantaggi non altrettanto evidenti.

Lo Stato ebraico non pare rimpiangere affatto l'occupazione di Gaza. Piuttosto, il ritiro unilaterale deciso da Sharon ha permesso di lasciare un campo minato che si sta rivelando letale pure per l'Anp di Abu Mazen. Inoltre, in Israele è ancora vivo il ricordo della disastrosa campagna del Libano, iniziata nel 1982, per volere di Sharon, col fine di annientare l'Olp e poi tramutatasi in uno stillicidio tremendo durato fino al 2001, quando fu proprio Barak a decidere il disimpegno definitivo.

Pertanto, non è assolutamente certo che la nomina di Barak possa essere assimilata alla situazione del 1967. All'epoca Israele era ancora molto condizionata dalla tragedia dell'Olocausto e pensava che ogni mossa dovesse essere compiuta per evitare un nuovo annientamento del popolo ebraico. La scelta di una guerra preventiva fu il risultato di un processo che portava a credere che l'alternativa sarebbe stata la sparizione stessa. A distanza di 40 anni esatti, si può invece affermare che la guerra dei Sei giorni, piuttosto che un trionfo, si è rivelata una catastrofe della quale ancora si pagano le conseguenze.

Barak terrà certamente conto delle lezioni del passato. Il neoministro della difesa appare provvisto di una buona dose di pragmatismo che lo fa somigliare a Ytzhak Rabin più che a Moshe Dayan.

Il percorso politico di Barak pare, infatti, somigliare molto a quello di Rabin, che ebbe anch'egli un'esperienza poco felice come premier (1974-77), cui seguirono poi anni di oblio. Rabin tornò a essere protagonista come ministro della Difesa nel governo di unità nazionale (1988-92), guidato prima da prima Peres e poi da Shamir. Tale incarico fu il presagio a una nuova escalation ai vertici del partito laburista, trampolino ulteriore per tornare a essere premier dal 1992 al 1995, un periodo cruciale per Israele e l'intero Medio Oriente che ha consegnato Rabin alla storia in forza della firma degli accordi di Oslo con Arafat.

La nomina di Barak ci pone quindi di fronte a due possibili scenari contrapposti. L'auspicio è che la lezione di Rabin possa essere preferita alla scelta compiuta nel 1967 da Dayan.


La Grecia contemporanea 1974-2006 La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
  Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005, di Rudy Caparrini Il Medio Oriente contemporaneo 1914-2005
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prefazione di Franco Cardini
ed. Masso delle Fate, 2006


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